Massimo fissa
lo sguardo sui chiodi arrugginiti e ritorti che tengono le assi del cancello
che porta al corridoio verso una delle tante uscite nell’Arena. In tutto quel
trambusto, col cuore che gli pompa sangue e adrenalina ovunque dovrebbe essere
elettrico e concentrato su quello che lo aspetta dentro quelle assi ma lui è
insolitamente incuriosito da quei chiodi e non pensa ad altro. I suoi sensi
rallentano, a malapena riesce a sentire le grida dei gregari che se la fanno
sotto dalla paura e che vengono rimproverati e picchiati dal Veteranus di
turno. Gli occhi di Massimo non ce la fanno più di spostarsi epilettici sullo
scintillio delle lame che imperterrite tentano di fenderlo da mesi, quegli
occhi sono stanchi di chiudersi per difendersi da rapidi zampilli di sangue,
sono stanchi di riaprirsi veloci per capire quale debba essere il prossimo obiettivo
da colpire, il tendine da recidere, l’arteria da troncare, la vita da spezzare.
Per un attimo quegli occhi scuri come la terra gronda di sangue vogliono la
loro parte di libertà e l’obiettivo migliore su cui sollazzarsi sono quei maledettissimi
chiodi piegati, fissati su assi che bloccano la via tra la vita e la morte, a
comporre un cancello pesante come un toro, unico baluardo difensivo prima di
trovarsi nudi di fronte a migliaia di bocche spalancate urlanti che gridano per
vedere lo spettacolo che attendono da giorni.