mercoledì 20 aprile 2016

Giochi di Qualità - Sir Chester Cobblepot [Modena Play parte 3]


Scocca la mezzanotte, mentre gli altri vanno a letto io è come se mi riattivassi stile ghost ‘n goblins dopo insert coin!
Ho un pensiero che mi ronza in testa da quando sono tornato da Play, un chiodo fisso tipo viacrucis.

QUALCHE SETTIMANA FA A MODENA PLAY…
Mi aggiro tra i tavoli Goblin quando incontro  Alan D’Amico che mi fa “Albo dopo ci becchiamo da Chester Cobblepot eh?!”.  Sulle prime faccio come per aver capito ma poi raccolgo le idee come le briciole sul tavolo dopo la colazione, con la mano mentale faccio un mucchietto di ricordi, connessioni sinaptiche che trasmettono malfunzionamenti e scampoli di righe lette di qua e di la sui blog ma questo nome niente, proprio non mi fa scattare la scintilla tipo Zippo. La sensazione è di qualcosa che mi sfugge, RoadRunner BE-BEEP, qualcosa che c’è, è li ma non l’ho mai messa a fuoco tipo piromane, “se ne parla poco forse?!” mi chiedo spaesato come un cellulare senza googleMaps.

Così inizio a girare confuso e felice per il corridoio centrale  della fiera, gente che sbraita per aver trovato Dead of Winter a due lire, come nuovo, ma da uno spigolo della scatola gli cadono pezzi, escono da una crepa grande come la faglia atlantica: "un affarone zio!” dico sarcastico poi BUM BUM! Praticamente cercavo in giro delle insegne ma ce le avevo sotto la cornea tanto erano vicine. In una saletta raccolta da vetri tipo Amsterdan circondata dalle scale per salire al livello due a fare da soffitto ecco la scritta che cercavo: Sir Chester Cobblepot… ora finalmente capisco quello che diceva Alan, inizio a focalizzare, a vedere l’assassino nella folla che attraversa l’incrocio di Tokyo, quello che il regista ti ha fatto vedere 10 volte nel film ma che non hai avuto tempo, forza né acume per capire e beccarlo, per dire “TAAAANAAA!”, ma eccolo li… il misterX della mia Play.
Stesso effetto, ma il risultato cambia, l’immagine di un simil-sherlok con monocolo che  osserva un puzzillo, il logo tondo ricompare nella testa come una lampadina e qualche pennuto pitagorico che esclama EUREKA!
Ma certo come ho fatto a non accorgermene?” riecheggia nella mente.

Da diverso tempo il logo dal Sir Chester è su una vasta gamma di prodotti da tavolo a dire la sua sulla qualità che troveremo alzando quel coperchio, leggendo il regolamento, vivendo l’esperienza di acquirente seguita a quella di giocatore e poi di consumatore compulsivo. Tutti aspetti che nella lunga catena del valore che parte dall’autore e passando per un editore arriva al giocatore è sempre più ricca di insidie e falsi amici tipo dizionario inglese.
L’idea di base della Sir Chester Cobblepot è di aggiungere un anello alla filiera, ma non per ridondare cose che già ci sono, bensì per colmare un gap, per facilitare il passaggio di stato dell’idea fino al prodotto finito lasciando all’editore il tempo e le forze per focalizzarsi sul business e non anche sugli aspetti tecnici del gioco.
Così sempre più curioso per questo riscoprire e valorizzare l’identità del produttore, ecco che mi tuffo a capofitto tra le braccia del patron Gianluca Santopietro.
GL: “Ciao Alberto, stavolta ti ha detto male, ti hanno mandato dal più logorroico del gruppo… hai un paio d’ore così ti spiego tutto?” e si fa una risata sotto i suoi occhiali, un uomo dall’aspetto simpatico e che mette subito a proprio agio….

Albo3: “Mh… diciamo che i miei amici mi stanno aspettando con il motore acceso nel parcheggio per tornare a Roma… e non per una rapina ma c’è comunque una certa fretta… tra me che straparlo e scrivo post chilometrici e te che sei loquace… ce la facciamo a chiudere in 10 minuti?” con la mia solita faccia da tolla e segatura!

INTERVISTA A SIR SANTOPIETRO
1-Allora Gianluca , dimmi tutto spara: non tutti sanno che… raccontami che cosa è Sir Chester Cobblepot, la mission, dalle origini a questa Modena Play.
Ciao Alberto, forse tutti non sanno che… Sir Chester Cobblepot è
una casa di produzione di giochi da tavolo che opera già da anni nel
settore.
Cosa significa casa di produzione? È un termine che abbiamo preso in prestito da altri mercati dell’intrattenimento definiti “evoluti”, come il cinema, la musica o i videogames. Prendiamo un esempio famoso e caro a molti: il vecchio Guerre Stellari di George Lucas. All’epoca, quello che sarebbe diventato “Una Nuova Speranza”, era un film ideato e diretto da George Lucas, prodotto dalla Lucasfilm e distribuito e portato nelle sale dalla Fox. La Fox compariva con la sua trionfante “strombettata” all’inizio della pellicola, ma la sceneggiatura, il casting e quella cura maniacale per i dettagli è tutta opera della Lucasfilm, che ha dedicato tutti i suoi mezzi a sviluppare il progetto ideato da George Lucas. La Fox non si è messa a decidere se l’alieno nella taverna di Mos Eisley dovesse essere verde o marrone o se per la voce di Darth Vader era meglio James Earl Jones o Marlon Brando. Noi facciamo la stessa cosa per i giochi da tavolo: in concerto con l’autore definiamo tutti i dettagli necessari per trasformare l’idea di un gioco in un prodotto finito per poi andare in cerca dell’editore
che voglia inserirlo nel proprio catalogo. La nostra mission è offrire agli editori la possibilità di accedere a una serie di progetti con qualità garantita dal nostro marchio. Per l’editore significa zero spreco di energie (e capitali) nel playtesting di una regola o alla commissione di un disegno: a quello ci abbiamo già pensato noi.


2-Con il cinema (e StarWars) mi invite a nozze, rimaniamo però sui boardgame: per chi come me è un consumatore agguerrito spesso la quantità supera la tanto anelata qualità, ma qui mi sembra di capire che sia quello l’oggetto del contendere, il fine a cui propendere; ho scartabellato nel catalogo, ho visto sezioni blu e rosse… fammi una rapida overview dei prodotti che avete gestito, tra mondo digital e mondo analog… su quest’ultimo chiaramente sono molto più preparato ma sul primo parliamo di futuro ormai presente no?
Riteniamo che in questo mercato troppo spesso si sottovaluti il problema della qualità: con qualità non intendo per forza il componente “deluxe”, ma il rapporto spesa/resa. Noi cerchiamo di fare in modo che tutto sia ragionato per soddisfare esigenze ludiche e produttive, così che il giocatore non senta di aver buttato via dei soldi: ogni cosa è stata pensata per garantire “comfort” ludico, per fargli vivere determinati aspetti del tema trattato, oppure semplicemente per fargli risparmiare qualche soldino sul prezzo di copertina. Noi crediamo molto in questa ottimizzazione produttiva, che impieghiamo su tutto, dal più piccolo dei componenti al disegno più elaborato. Non ci accontentiamo della prima idea che ci passa per la testa o di quello che ci sembra “bello”, tutto deve essere provato sul campo Come dici giustamente tu, per noi il tema in un gioco ha un valore fondamentale, per questo lo curiamo particolarmente e lo usiamo come discriminante per il nostro catalogo: infatti, con la linea rossa Sir Chester Cobblepot produciamo solo giochi a tema storico o letterario. Al momento è la nostra linea più conosciuta, dove tutto nasce dopo ricerche approfondite e tutti lavorano con il massimo rispetto per le fonti: qui trovate Lettere da Whitechapel, Kingsport Festival e Waterloo Enemy Mistakes, che sono tra i nostri prodotti più conosciuti.
Abbiamo poi la linea azzurra Young Cobblepot, e nonostante sia appena nata ha già raggiunto un risultato molto importante: con il primo titolo, Raccontami una Storia, vantiamo una partnership internazionale con Asmodée e in Italia, grazie a Pendragon, abbiamo portato il gioco nei supermercati con un’operazione senza precedenti per il mondo del gioco da tavolo “d’autore”.
Per concludere abbiamo poi una terza linea chiamata Professor Cobblepot con cui invece operiamo nel sociale, utilizzando il gioco come strumento educativo.
Per quanto riguarda il mondo digitale, grazie ai nostri partner tecnologici siamo in grado di offrire i porting ufficiali dei nostri giochi da tavolo per i dispositivi mobili più diffusi. Abbiamo approfittato della tecnologia anche per proporre app di supporto dei nostri giochi da tavolo (espansioni, guide strategiche, ecc.), o anche per sperimentare nuove soluzioni ludiche originali. Siamo ancora all’inizio, non possiamo definirci esperti navigati del mondo digitale, ma da creativi ci piace la sfida di riproporre la giocabilità di un board game sui piccoli schermi di un smartphone.

3-Mica male!!! Asmodèe, piattaforme, educazione... tanta roba.
Fammi capire bene però la posizione: tra l’autore e l’editore ci siete voi, un lavoraccio, tanto tempo a interfacciarvi con gli uni e con gli altri ma poi? Qual è la parte più difficile del tuo lavoro, quale la più divertente e quella che ti fa continuare a crederci?
 In realtà questa posizione intermedia è quella che personalmente preferisco. Contribuisci a trasformare un germoglio (l’idea dell’autore) in una vera e propria pianta (il prodotto finito). Tanti sottovalutano la quantità di lavoro necessario per sviluppare un gioco. Servono moltissime competenze, tutte altamente specializzate: quelli avvezzi ai numeri devono controllare la matematica, quelli creativi devono pensare a un tema, i giocatori scafati devono mettere alla frusta le regole, gli esperti devono indicare il segmento di mercato e il target da colpire, gli artisti devono dare il meglio per far apparire il tutto gradevole, ecc. Io amo gli sport motoristici, è un settore in cui ho anche lavorato per anni, e stare in ufficio durante la lavorazione di un gioco mi ricorda i tempi in cui mi aggiravo per i box, con da una parte i meccanici e sistemare il motore e il telaio, ai computer gli ingegneri a valutare i dati, dall’altra gli addetti stampa che fanno pubbliche relazioni e i piloti in pista che testano i risultati: non è molto diverso dal nostro modus operandi. Ed è un lavoro che può durare anni. Ma quando vedi che i giocatori si siedono al tavolo e riconoscono il tuo lavoro e magari vengono addirittura da te personalmente a congratularsi, beh, quella è una sensazione fantastica.
4-Wow Gianluca, cacci fuori retroscena come Silvan conisgli dal cappello! Ho visto dalla tua pagina FB che sei un fan di RossiFumi... l'uncio amore uomo della mia vita :D Certo un background nella pitlane ti apre la mente, oltre che i polmoni così non mi stupisce che tra i partners con cui siete vedo realtà d’oltre oceano che fanno paura (vedi al FFG), segno che quando il gioco si fa duro i duri continuano a giocare! Quali sono stati i passaggi chiave che vi hanno permesso queste partnership e quali sono i progetti a tendere che vi vedranno in join con quali altri?
Il numero di partner nazionali e internazionali di Cobblepot continua a crescere perché il mercato si sta rendendo conto che la qualità dei nostri prodotti non è un caso. Lettere da Whitechapel è stato un vero successo, ma un buon prodotto può riuscire a molti, anche solo per fortuna. Ma quando hanno visto che di produzione in produzione la nostra qualità è aumentata invece di calare, allora si sono resi conto che parlano con dei professionisti e accettano volentieri di dialogare con noi. Non è facile lavorare con Cobblepot, siamo molto esigenti e il nostro sangue romagnolo ci rende schietti e onesti a ogni costo. Non smaniamo per pubblicare, vogliamo che ogni progetto abbia il giusto partner e la corretta collocazione sul mercato: se non siamo convinti, preferiamo dire di no… e questo i partner lo apprezzano. Perché se vai a dire agli editori che tutto quello che fai è adatto al loro catalogo e hai in valigia 15 prototipi da presentare, non solo non ottieni nulla, ma ti fai pure concorrenza da solo. Per l’imminente futuro ci sono tante uscite già programmate: abbiamo già 5 prodotti sotto contratto per il 2016 e contiamo a breve di annunciare altri accordi e nuove partnership. Non ci piace sbilanciarci molto perché ogni editore ha la sua privacy e i suoi organi di informazione, come è giusto che sia, quindi preferiamo che siano loro a decidere come e quando diramare certe notizie.
5-Veniamo ai giochi! Collabsible Titanic, WhiteChapel, Kingsport Festival, Waterloo, Paolo e Francesca… titoli che fanno dell'ambientazione storica e della ricostruzione sposa alle meccaniche un mantra! Per noi gamer sai che questo è un plus ma poi se manca il legno, la novità o la gestione è tutto perso…. come fate a tenere il tiro così in alto pur sfornando sempre proposte nuove? Pochi titoli ma buoni o un lavoro dietro-le-quinte che fa paura?
Se ti mostriamo il catalogo di progetti di quest’anno ti spaventeresti per la quantità di materiale in cantiere, quindi non so se è corretto parlare di pochi titoli! La cosa che posso garantire è che in realtà la nostra selezione sui progetti da mettere in produzione è molto alta: se un’idea passa è perché riteniamo possieda caratteristiche di spicco. Il segreto è che sviluppiamo idee di un team di autori incredibilmente vasto e differente, e quindi siamo in grado di proporre progetti molto diversi tra loro, che ricoprono uno specchio molto ampio del mercato. Per questo siamo in grado di parlare con tutti gli editori, dalle aziende che propongono i family a quelle che cercano il gioco “hardcore”. Ci piace sperimentare, fondere generi e stili… e dare ai nostri giochi tante strategie e tattiche con cui essere affrontati.
6-Mi racconti quando hai conosciuto Alan D’Amico, come è andata, se sei stato proprio tu a “precettarlo” per le miniature di WhiteChapel…. Vai con i retroscena, sai che sono un suo fan no?! :D
Abbiamo conosciuto Alan per un progetto che stavamo sviluppando per conto terzi (non un gioco Cobblepot, ma un lavoro su commissione per conto di un editore), un lavoro che purtroppo ha vissuto infinite difficoltà e vicissitudini, per ritrovarsi alla fine con scelte editoriali che ne cambiavano completamente le caratteristiche iniziali… quindi molto del nostro lavoro è andato cestinato! Insomma, tutti i presupposti per iniziare con il piede sbagliato! Invece questa situazione ha cementificato la reciproca stima e ha fatto nascere una bella amicizia. Da allora abbiamo lavorato insieme su molti progetti. Una delle capacità di Alan è saper adattare il proprio stile alle esigenze, grazie all’approfondito lavoro di ricerca che fa su ogni progetto. E come dici tu è anche un ottimo scultore. Per questi motivi l’ho scelto personalmente per lavorare su Dear Boss, l’espansione di Lettere da Whitechapel.
7-Si si si! Poliedrico Alan, inafferrabile come Lupin per chi prova il confronto; polimorfico dalla carta ai polimeri per il 3D... il prototipo del "disegnatore moderno". 
In un periodo in cui i videogame continuano a tirare a bestia, le app con i nuovi device hanno sdoganato nel mondo dell’uomo-qualunque e non sono più pasto dei soliti nerd-noti. In un mondo di giocatori che ogni tanto riscoprono il piacere di vivere giochi con persone dal vivo (e non solo online) e ritornano ai boardgame imparando che non c’è più solo Monopoly e Risiko… voi vi posizionate perfettamente a cavallo tra i due mondi. Quali sono gli aspetti positivi e negativi rispetto ad Editori-tutto-fare che decollano solo sui giochi da tavolo?
Il mondo del gioco da tavolo è in un momento molto particolare e vive di contraddizioni: da una parte vediamo colossali multinazionali che cercano di alzare lo standard qualitativo, ma dall’altra è ancora vissuto come un piccolo mercato di appassionati, con una facilità di ingresso che permette a chiunque di investire per proporre altri giochi sul mercato. Cobblepot nasce in questa situazione, per far si che ognuno all’interno della filiera possa concentrarsi nel suo compito.

Penso poi che digitale e “analogico” non si faranno concorrenza, almeno non nel breve periodo. Essere un operatore di un mercato è molto diverso che esserlo nell’altro: difficilmente avremo aziende capaci di fare bene su entrambi i settori contemporaneamente. Ma come dici tu è indubbio che uno porti giocatori all’altro. Lavorando con professionalità e creando prodotti intelligenti saremo in grado di traghettare molti giocatori “inesperti” a questa passione.


8-Kickstarter si, crowdfunding no… la terra dei cachi… voi come la vedete? In teoria queste piattaforme vi tolgono il mestiere oppure possono essere comunque ricondotte a strumenti utili anche alla produzione? E se si come?

In realtà per un produttore potrebbe rappresentare “l’uovo di Colombo” perché permette di arrivare alla pubblicazione senza passare per forza dagli editori. E mentre un autore spesso non è autosufficiente, perché non è detto sia capace di fare lo sviluppo ludico, grafico ed editoriale di un gioco, un produttore come Cobblepot è assolutamente in grado di proporre progetti in cui l’unico anello mancante sono i soldi per la stampa. Ma Cobblepot ha deciso che userà lo strumento dei crowdfounding solo per giochi studiati ad hoc per questo strumento, progetti graditi al pubblico ma per cui è difficile trovare editori perché complessi da trattare: per fare alcuni esempi, i giochi di strategia astratta, i giochi di miniature o giochi con tematiche forti.

Insomma, se si presentano prodotti ad hoc creati per sfruttare la piattaforma, sono favorevole ai progetti su Kickstarter, altrimenti non ha senso: preferiamo lavorare con degli editori seri, che possano fare promozione e continuare a fra crescere il mercato. Non vogliamo pubblicare a tutti i costi, abbiamo bisogno di progetti editoriali concreti e aziende sane che operano su un mercato prospero.

9-Diciamo che sono uno dei tanti boardgamer che dopo tante scatole e partite ha maturato una sua idea per un gioco… non c’è in giro un’idea come la mia, mi sembra interessante, ho pensato ad un po di roba e la meccanica sembra sufficientemente innovativa: qual è l’intruglio alchemico che mettete in scena ogni volta per trasformare una materia informe in un prodotto ready-to-go da presentare ad un editore per la successiva stampa e pubblicazione? Come ci si divide il lavoro tra autore ed Editore?
Per rispondere a questa domanda dovrei riassumerti tutto il lavoro maturato in anni e anni di esperienza in poche righe e temo non sia possibile! Per farla breve ti dico quello che dico ai nostri autori quando iniziano a lavorare con noi: serve umiltà e autocritica, avere la disponibilità di vedersi smontato il proprio gioco per capire come si possono raggiungere gli obiettivi che il mercato impone, sapendo che il produttore non ha vantaggio a consigliare soluzioni se non sono utili… autore e produttore sono sulla stessa barca! Un’altra qualità fondamentale è la pazienza: spesso bisogna aspettare anni per vedere pubblicato un gioco, e quando (e se) accade bisogna poi promuoverlo con lo stesso entusiasmo che si aveva all’inizio dei lavori. Lo ribadisco per l’ennesima volta: avere fretta e smania di pubblicare non porta mai a reali risultati, non dimenticatelo.
10-Ok fin qui tutto chiaro ma veniamo ai numeri, sai che su quelli non mi freghi (:P).
Se oggi tutti si lamentano che “c’è crisi c’è crisi” ma poi voi spuntate li in mezzo come un fungo dopo la pioggia… allora significa che c’è margine.. ma se è vero che è poco, non è tanto vero che dove ci mangiano in due ci mangiano anche in tre, soprattutto se l’obiettivo perseguito è trovare il giusto bilanciamento tra contenuto del prodotto e prezzo proposto al pubblico… come se ne esce? Qual è il doppio passo alla Messi che ci lascia di stucco e ci fa dire… “PERò! Hai capito questi dalla Sir Chester quanto la sanno lunga?”
 È vero, i margini sono pochi, ma è indubbio che un editore per arrivare alla pubblicazione di un gioco deve investire diversi capitali per la creazione della grafica, delle illustrazioni, dei materiali, ecc. Gli editori che hanno studi interni si contano sulla punta delle dita, e quindi generalmente sono tutte onerose commissioni esterne. Senza contare poi l’investimento di tempo, perché per sviluppare e playtestare un gioco, un editore ci mette molti mesi, tempo che sottrae ad altri importanti incarichi: diciamocelo, spendere giornate di lavoro per stabilire se una carta vale 1 o vale 2 non è molto redditizio per un editore. Qui entriamo in scena noi, questa “dispersione” del budget diventa il nostro margine. Non ci sono trucchi, non ci sono inganni. Fare un gioco è costoso: farlo con dei professionisti forse non lo rende più economico, ma gli investimenti sono ottimizzati e i risultati generalmente migliori.
11-Diciamo che mi hai convinto! Quindi possiamo contare su Sir Chester per le nostre serate ludiche. Prossime avventure in programma? Mi fai qualche anteprima/scoop?
Raccontami una Storia, il gioco di carte di Kingsport Festival e Dear Boss, la prima espansione di Lettere da Whitechapel, sono gli impegni che a breve verranno pubblicati dai nostri editori. Se vuoi un’anticipazione… ti dico che quando poco fa ti dicevo che avrei valutato positivamente il crowdfunding per un gioco di strategia astratta… beh, forse non era solo un esempio!
Grazie per la tua gentilezza e per i mille dettagli offerti, spero sinceramente che il vostro lavoro e impegno arrivi quanto prima a conquistare un posto di prestigio nella scena: la qualità non basta mai :D

Grazie a te del tempo che ci hai concesso, speriamo di ritrovarti presto al tavolo a divertirti con i nostri giochi! - Gianluca

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